martedì 30 marzo 2010

Sorprese di primavera

Il boato si levò d’improvviso e sembrò squassare la radura.
Sofia Coccinella, che stava volando da un filo d’erba all’altro, fu sbalzata all’indietro e finì distesa, zampe all’aria.
“ Che sarà mai stato?”, si chiese mentre cercava di levarsi dalle orecchie una gocciolina di rugiada che le aveva assordato l’orecchio.
Toc toc toc. Tre colpetti ben assestati e l’acqua uscì. Sofia si rimise in piedi e decollò nuovamente, alla volta di un altro stelo verde e freschissimo.
Di nuovo l’onda d’urto la colpì mentre era in volo, ma stavolta non fu così fortunata.
Passeggiava, infatti, sul prato, un giovane esemplare di riccio, il nasino incollato sul terreno mentre si muoveva in cerca di cibo.
Il pericoloso atterraggio la portò a tanto così dalla cima appuntita di uno dei suoi aculei, su cui fortunatamente fu in grado di risalire per ripartire rapida.
“Che spavento! Anzi, paura doppia! Devo scoprire cosa diavolo è quel rumore e che cosa lo produce.”
Con circospezione aggirò un paio di cespugli, senza tuttavia trovare nulla.
Perlustrare la radura del Sottobosco, si sa, è cosa ardua per una coccinella. Le ali di Sofia erano in verità molto piccole e ci voleva molta energia per attraversare il prato sul quale si trovava.
Ad un tratto, pensandoci, le parve un’impresa al di sopra delle sue forze.
“Mi devo arrendere così?”, disse fra sé e sé al rimbombo del terzo boato, stanca di avere sempre timore di non farcela, di essere troppo piccola, troppo debole, troppo delicata, troppo troppo, insomma.
Quando fu meno indispettita della sua situazione di piccola coccinella, cercò di mettere insieme qualche indizio su quel rumore enorme e sconosciuto.
“ Ha un suo ritmo”, pensò, “ e si ripete tale e quale a tempo”.
Cosa poteva essere, dunque, un rumore molto sonoro, che si ripeteva uguale a sé stesso, e a tempo?
“Il verso di un grosso animale, forse”
Ma per quale motivo un grosso animale del Sottobosco avrebbe dovuto emettere un verso a tempo?
Forse si trattava di un richiamo diretto a qualcuno!
“Il grosso animale ha perduto il suo cucciolo”, azzardò.
La curiosità cominciò lentamente a prendere il posto della paura.
Dimenticando tutte le sue perplessità di poco prima, Sofia decise che avrebbe cercato dietro ad ogni fuscello, cespuglio o albero nel raggio di parecchi metri, anche se le ci fosse voluta la giornata intera.
In fondo, a primavera cos’altro c’era da fare nel Sottobosco, se non godersi l’aria tiepida e gonfia di odori nuovi? Quella era l’occasione che cercava per ripassare la geografia del suo ambiente senza annoiarsi.
Pronta. Via!
Mentre le sue alucce diafane viravano a destra e a sinistra, portandosi ora basse, ora salendo più in alto possibile, gli occhietti vispi della coccinella si posavano attenti su ogni particolare bizzarro del bosco di primavera.
Tempo pochi minuti, e di nuovo l’onda sonora del boato inquietante scosse i rami degli alberi, i cui teneri germogli sobbalzarono paurosamente.
Sofia riuscì stavolta a percepirne la direzione.
“Per di là!”, si impose, cercando di mantenersi calma.

Dietro al grosso tronco di un pino maestoso ce n’era uno cavo, caduto chissà quanto tempo prima. Sofia l’aveva sempre visto, quel legno che marciva un po’ di più ogni anno, esposto alle intemperie e impotente davanti all’inclemenza delle stagioni.
Stanca, vi si appoggiò per prender fiato, quando uno scossone violento e repentino la fece rotolare giù, giù. Sofia si aggrappò ai resti di un ramo e si rimise in piedi, per poi volare via non appena le fu possibile dimenticare il fragore del solito, inquietante, rumore.
“Adesso ne ho proprio abbastanza”. Con un cipiglio furioso, la paura ormai solo un ricordo, Sofia si rimise energicamente alla ricerca di indizi.
Scoprì così che dentro il tronco vuoto si erano rannicchiati tre giovani conigli tremanti, le orecchie basse a coprire gli occhietti.
“E voi, che ci fate qui dentro?”, chiese loro.
“No-no-no-non l’hai sentito quel brutto rumore?”, rispose uno dei tre, probabilmente il più coraggioso.
“E’ per quello che sono qui. Voglio scoprire cos’è!”
“Vuoi scoprire cos’è?” Gli occhi del coniglietto si erano fatti enormi per la sorpresa.
“Non posso temere quel che non conosco, ti pare?”
“Già”, rispose sconsolato il cucciolo”Ma ci vuole un bel coraggio a far questo da sola!”
“E perché non mi aiutate voi? Ci metteremmo senz’altro di meno”, propose Sofia.
I tre si guardarono, all’inizio perplessi e dubbiosi, poi sempre più fiduciosi. Sofia aveva ragione: era importante sapere di cosa si trattava per poi decidere di stargli alla larga!
Eletta subito a capo della spedizione, Sofia diresse gli spostamenti dei tre piccoli conigli, che percorsero a ballonzoli il Sottobosco. Nel corso dell’operazione il rumore tornò molte volte, con le stesse immutate caratteristiche.
Appena fuori dalla radura si ergeva una collina rocciosa.
Per Sofia era una novità: non si era mai spinta così lontano. Si diceva che il suo interno fosse la tana di grossi mammiferi, forse una o due famiglie d’orsi, ma in realtà nessuno lo sapeva con certezza.
Il tiepido coraggio dei coniglietti si raffreddò del tutto nei pressi dell’apertura del cunicolo, un buco enorme e scurissimo.
Sofia li seguiva a distanza, ma si era resa perfettamente conto della loro incertezza. I salti si erano fatti più corti, più radi. Le lunghe orecchie erano tese, e i piccoli continuavano a guardarsi intorno e alle spalle, come temendo un improvviso agguato.
D’un tratto, di nuovo il boato, forte e spaventoso, e i tre finirono col rotolare giù, verso di lei, che era riuscita a planare sulla corolla di una margherita.
“Vi-vi-viene da là!”, uno dei conigli mostrò l’ingresso della tana.
“Siamo qui per risolvere il mistero! Non l’avevamo forse deciso insieme?”fece Sofia di rimando.
I musetti dei tre le fecero subito capire che il coraggio li aveva momentaneamente abbandonati.
“Ho capito! Tocca a me”, e senza indugio raccolse tutto il suo brio e si diresse verso la collina.
In fondo, chi si sarebbe potuto accorgere di lei? Era così minuscola! E silenziosa, anche.
Il cunicolo, dopo l’apertura si faceva subito stretto e angusto.
L’onda d’urto la sorprese di nuovo, e carambolò per terra, giù in fondo, finendo come risucchiata all’interno. Sentì di essere finita addosso a qualcosa di soffice, che nel buio non riusciva a identificare.
“Insomma, che modi!”
La voce non le era sconosciuta: Melchiorre!
“E tu, cosa ci fai qui?”
Hic! Il rumore, meno forte, la proiettò comunque all’indietro.
Spaventatissima, Sofia si trovò nuovamente addosso a qualcosa di soffice, che non era Melchiorre, i cui occhi tondi la stavano fissando.
“Ma non eri solo?”
“No. Siamo quattro: io, Arturo, Violetta e Elli”
Nel buio del cunicolo Sofia riuscì a distinguere tutte quelle paia di occhi, tondi e sorpresi quanto lei.
“E che ci fate qui?”
“Arturo ha il singhiozzo e non riesce a smettere. Abbiamo pensato di spaventarlo portandolo qui dentro…ma il singhiozzo continua e, anzi, è diventato perfino più potente!”
Ecco cos’era! Il rumore del singhiozzo di Arturo che veniva amplificato dal cunicolo della tana!
Beata gioventù!
“E non avete provato con un po’ d’acqua?”
“Acqua?”, fecero i tre in coro.
“Si, un semplice bicchiere d’acqua bevuto tutto d’un sorso. E’ così che si fa”
Furono i tre coniglietti a procurare l’acqua, mentre Arturo continuava la sua serie infinita di Hic Hic.
Spossata ma soddisfatta, Sofia li guidò verso casa, dove Lucilla li aspettava preoccupata.
“Si sono allontanati senza avvertire”, raccontò all’amica, “ma d’altra parte come possono resistere alle continue sorprese che questo posto riserva loro a primavera?”
Non si arrabbiò, né li sgridò, ma spiegò loro, con affettuosa semplicità, che il mondo è vasto e pieno di pericoli che vanno affrontati con intelligenza.
“Un ragnetto assennato è quello che sa discernere”, concluse.
Era un’altra buona lezione di vita nella verde radura del Sottobosco.

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